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CHI STA MORENDO HA DIRITTO A NON ESSERE INGANNATO E A RICEVERE RISPOSTE VERITIERE

27-01-2025 11:16

Dott.ssa Cocito Laura

SALUTE, finevita consensoinformato,

CHI STA MORENDO HA DIRITTO A NON ESSERE INGANNATO E A RICEVERE RISPOSTE VERITIERE

Nella nostra cultura e in quella dei paesi mediterranei in genere, il diritto disapere la verità viene trasferito integralmente sui famigliari, che sono id

Riporto integralmente l’art.3 della Carta dei Diritti dei Morenti del 1997 con l’unico obiettivo di stimolare in ognuno riflessioni personali su un argomento delicato che ci tocca tutti da vicino, prima o poi.


La Carta dei Diritti dei Morenti, venne elaborata dal COMITATO ETICO presso la FONDAZIONE FLORIANI (C.E.F.F.) nel maggio del 1999. Il C.E.F.F. è stato finanziato ed ospitato dalla Fondazione Floriani dal 1991 al 2005, quando il Comitato Etico si è evoluto a totale autonomia e indipendenza con la denominazione di Comitato per l’Etica di Fine Vita (C.E.F.).


Nella nostra cultura e in quella dei paesi mediterranei in genere, il diritto di sapere la verità viene trasferito integralmente sui famigliari, che sono i depositari della storia reale della malattia e alla fine del percorso, della morte imminente del proprio congiunto.


La “congiura del silenzio”, la rete di omissioni e di menzogne che gli operatori e i parenti costruiscono intorno al paziente passo passo, fin dal momento della diagnosi, si rafforza e si autoalimenta nell’aggravamento stesso della malattia, rendendo poi difficilissima un'informazione tardiva, che assume inevitabilmente le connotazioni di una condanna a morte.


D'altro canto, la strategia dell'inganno si è retta finora sulla convinzione diffusa che la consapevolezza della gravità della malattia esponga il paziente al rischio di una grande sofferenza, tale da aggravare la qualità della sua vita e da compromettere la sua stessa salute, già così provata. E’ anche abbastanza diffuso il timore che il conoscere le proprie condizioni aumenti il rischio di suicidi per depressione.


A queste ragioni va contrapposta l'esperienza: questa paura non trova nella realtà riscontri tali da giustificarla.


La “Carta”, alla luce dell'esperienza acquisita in questi anni dalle Cure Palliative, vuole, invece, ribadire che il gioco della finzione messo in atto dai medici e dai parenti non protegge il paziente dalla sofferenza di sapere la verità (il malato anche se non ne parla, “sente” che la propria vita è al termine) mentre lo priva della possibilità di esprimere, all'interno di una relazione autentica, i suoi stati d'animo, le sue emozioni ed angosce.


Lo scenario dell'inganno (che si regge spesso su falsificazioni grossolane, come la cartella clinica che nasconde la verità con una diagnosi bugiarda o il medico che mente sul vero scopo del trattamento) crea inevitabilmente una comunicazione distorta, destinata, cioè, a creare rapporti improntati alla diffidenza, con conseguenze difficili da gestire. Si crea così una situazione che mina alla base la fiducia reciproca, dando origine a sospetti estremamente pericolosi.


Per superare queste difficoltà, la “Carta” ritiene che si debba affrontare la questione della verità con franchezza e semplicità: non è necessario rivelarla in modo brutale al malato, ma chi gli è vicino deve dare sempre risposte veritiere.


Se il paziente chiede, la sua domanda non deve, né può essere elusa.


Questo per il rispetto dovuto alla persona e alla sua dignità.


Comportamenti diversi danno inizio a quel processo che, di fatto, porta alla “morte sociale” di una persona; un annullamento progressivo che comincia quando si smette di considerarla soggetto capace di prendere decisioni sul proprio destino.


Quando si ribadisce che anche in punto di morte deve essere offerta ad un individuo la possibilità di conoscere la propria malattia e di essere informato sulla gravità delle proprie condizioni, si intende richiamare l'attenzione di tutti verso un’inversione di tendenza, verso una medicina meno “egocentrica”, che rispetti, cioè, la libertà di scelta della persona e il suo diritto ad autodeterminarsi, ad essere consapevole e, quindi, ad essere informata.


Questo atteggiamento di rispetto della verità e della persona malata è decisamente nuovo per il nostro contesto culturale e non può non suscitare ansia nel famigliare che si fa improvvisamente carico di una verità elusa per tanto tempo.


Ma questo disagio non può essere risolto da un silenzio o da una menzogna che, mentre tacitano il problema di chi assiste il malato, sottraggono a quest’ultimo il diritto di sapere.


La “Carta” ritiene che l’accettazione di una qualche consapevolezza del morente sulla gravità delle proprie condizioni, aiuti anche i famigliari a tenere sotto controllo, per quanto è possibile, l’angoscia per la perdita imminente del loro caro. 


Ad ognuno la propria riflessione.


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Dott.ssa Cocito Laura - Psicologa - Iscrizione Albo A Piemonte n.10414


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