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CHI STA MORENDO HA DIRITTO A ESSERE INFORMATO SULLE SUE CONDIZIONI, SE LO VUOLE

27-01-2025 11:17

Dott.ssa Cocito Laura

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CHI STA MORENDO HA DIRITTO A ESSERE INFORMATO SULLE SUE CONDIZIONI, SE LO VUOLE

27 anni fà l'attuale C.E.F. , Comitato per l’Etica di Fine Vita, in risposta alla sofferenza dei malati terminali, elaborò 10 Diritti dei Morenti, il 2° er

CHI STA MORENDO HA DIRITTO A ESSERE INFORMATO SULLE SUE CONDIZIONI, SE LO VUOLE


Riporto integralmente l’art.2 della Carta dei Diritti dei Morenti del 1997 con l’unico obiettivo di stimolare in ognuno riflessioni personali su un Diritto fondamentale del malato, sancito anche dalla Carta Europea dei Diritti del Malato (2002) e dalla Lg n. 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) ovvero il Diritto al Consenso Informato.


La Carta dei Diritti dei Morenti, venne elaborata dal COMITATO ETICO presso la FONDAZIONE FLORIANI (C.E.F.F.) nel maggio del 1999. Il C.E.F.F. è stato finanziato ed ospitato dalla Fondazione Floriani dal 1991 al 2005, quando il Comitato Etico si è evoluto a totale autonomia e indipendenza con la denominazione di Comitato per l’Etica di Fine Vita (C.E.F.). La Fondazione Floriani si è adoperata per la massima diffusione del documento non solo nell’ambito degli studiosi di bioetica e di cure palliative, ma anche tra la popolazione e le Istituzioni. L’affermazione e la diffusione della Carta dei Diritti dei Morenti è stato il tema della “II Giornata Nazionale contro la sofferenza inutile della persona inguaribile - Estate di San Martino”, l’11 novembre 2001, durante la quale sono state raccolte a sostegno 50.000 firme.


Ricordo che il testo che seguirà è di 27 anni fa, quindi su alcuni aspetti, come ad esempio il sollievo dal dolore fisico, nel frattempo si sono fatti passi da gigante.


Riconoscere al morente la dignità di soggetto capace delle scelte e delle decisioni che lo riguardano, e quindi la dignità di persona, fa tutt’uno con il riconoscergli il diritto di essere adeguatamente e correttamente informato su ciò che gli sta accadendo.


Solo un paziente adeguatamente informato è infatti in grado di effettuare con consapevolezza le scelte inerenti la sua salute e la sua vita.


L’informazione sulle proprie condizioni di salute costituisce il presupposto fondamentale perché il morente possa esprimere il proprio consenso, ovvero il proprio dissenso, alle proposte diagnostiche e terapeutiche del medico e, quindi, possa, non diversamente da tutti gli altri malati, essere parte di una relazione terapeutica non più basata su quella concezione paternalistica che, in nome del bene del paziente, assegna al medico un potere assoluto sugli interventi da porre in atto nel corso della malattia.


Il malato prossimo alla morte ha diritto a essere informato perché, come tutti gli altri malati, ha diritto ad avere con chi lo cura una relazione che rispetti la sua autonomia decisionale anche in relazione agli interventi sul suo corpo.


Il diritto dei pazienti ad essere informati, sebbene diffusamente riconosciuto in linea di principio, trova, tuttavia, nella pratica clinica delle difficoltà di attuazione dovute alle ingiustificate resistenze, da parte dei medici, alla realizzazione di un nuovo modello di relazione con il paziente.


Nel caso, in particolare, dei malati vicini alla morte, il dovere di informare i pazienti sui trattamenti, così come sulla diagnosi e sulla prognosi, viene assai frequentemente disatteso da medici che adducono a giustificazione del proprio comportamento il fatto che un’informazione esauriente sarebbe dannosa, data la precarietà emozionale, oltre che fisica, di un malato che, quanto più si avvicina alla morte, tanto più assomiglia ad un bambino bisognoso di rassicurazione e di protezione, e sarebbe, inoltre, per lo più, non voluta dagli stessi malati.


Si tratta di argomenti deboli, a fondamento dei quali non ci sono serie indagini, né sull’effettivo desiderio di informazione dei pazienti, né sulle eventuali ricadute negative dell’informazione, in termini di aumento della sofferenza e di peggioramento della qualità della vita.


Ci sono, piuttosto, opinioni tralatizie ( tramandate attraverso la tradizione ), circa quel desiderio e quelle ricadute, proprie di medici poco preparati a considerare il sollievo dalla sofferenza e l’accompagnamento ad una morte dignitosa, obiettivi pertinenti alla prassi medica, non meno di quanto lo siano il raggiungimento della guarigione e il mantenimento della vita.


E’ certo, comunque, che l’informazione a cui ha diritto il morente, non può avvenire in modo catartico sul letto di morte e compiersi in un unico atto.


Deve iniziare assai prima e configurarsi come un processo graduale all’interno di un’articolata e complessa relazione comunicativa, tra il malato ed un medico capace di scegliere i modi, i tempi, le strategie utili a promuovere la consapevolezza e l’autonomia di soggetti diversi per attitudini, condizioni personali, capacità di reazione, situazione clinica ed altro ancora.


Quello all’informazione è un diritto, ma il malato può scegliere di non esercitarlo.


Una persona può essere, infatti, interessata a conoscere le proprie condizioni di salute, e in questo caso ha diritto a essere informata, ma potrebbe anche avere un interesse a non conoscerle, e in questo secondo caso ha il simmetrico diritto a non essere informata.


Pertanto, sul diritto dei morenti a essere informati incide la loro volontà.


Questa posizione solleva il problema del corretto accertamento della volontà dei malati.


La “Carta” ritiene che gli operatori sanitari debbano accertarsi, all’inizio del rapporto, se effettivamente il malato intende rinunciare al diritto di essere informato.


D’altro canto, la presenza di eventuali ambiguità non deve mai essere presa a pretesto per disattendere la volontà del malato.


Perché il diritto all’informazione possa essere attuato, sarà, inoltre, necessario liberare il malato dall’eccessiva attenzione dei famigliari che intendono proteggerlo dal sapere la verità, con un atteggiamento paternalistico che sostanzialmente non si discosta da quello dei curanti, in quanto ci si rapporta al malato prossimo alla morte come a chi ha oramai perduto la possibilità di determinarsi in modo libero ed autonomo.


Ad ognuno la sua riflessione.
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